Ci sono tre parole per definire la tua casa?
Mio padre la chiama lo sgabuzzino.
Un’amica, una volta, l’ha chiamata boudoir.
Per me è semplicemente la mia mansarda.
Ti rifai sempre il letto?
Divanoletto. Quindi rifarlo implica anche un certo sforzo fisico che non sempre mi riesce. A volte rassetto solo le lenzuola, a volte non è possibile perché la parte di letto frequentata dai vestiti in disordine non me lo permette. Quando, però, mi impegno, sono soddisfatta e mi compiaccio della sensazione di spazio guadagnato grazie a un po’ di ordine.
Cosa osservi dalla finestra?
In questa stagione, le rondini che si ricorrono. Sono molto in alto e a volte scorgerle non è così facile. Ma non sono poi così distante da loro.
L’albero del cortile interno adiacente al nostro, che è sempre incolto, fin quando, allo stremo, qualcuno viene e lo pota senza ritegno fino a farlo sembrare nudo. Poi ricresce.
I gatti che scorrazzano sui tetti. I ragnetti che sfrecciano tra una tegola e l’altra. I piccioni che tubano aggrappati alle grondaie.
Il sole dietro a comignoli.
Chi non inviteresti mai?
Troppe persone tutte insieme. Da due in su, siamo già sold out. In queste due non includerei mai un giocatore di basket, non ho nulla contro i giocatori di basket, ma passerei tutto il tempo a controllare che non sbatta la testa e non sarei tranquilla.
Cosa noti nelle case degli altri?
La disposizione dei divani rispetto alla televisione. La luce, quella naturale e quella artificiale. Il numero di asciugamani in bagno.
Hai un nascondiglio segreto?
Al momento non c’è nessuno da cui nascondersi e gli esigui metri quadri in cui vivo non prevedono interstizi abbastanza capienti per me. Però ho delle prospettive di questa casa che mi regalano emozioni che tengo solo per me. Anche dopo anni, scopro ancora dei punti di vista inesplorati.
Quale animale non domestico vorresti tenere in casa?Nessuno. Fatico al pensiero di dovermi prendere cura di un altro essere vivente. Certo, fosse completamente autonomo, non necessitasse di manutenzione, non escluderei la convivenza con un bradipo. Li adoro! Trovo anche certe affinità di carattere. Ma rimane il fatto che sta sicuramente meglio nel suo habitat.
Di cosa parli in ascensore?
Il Regno Sabaudo ha lasciato indelebile in noi una certa etichetta per cui se ci si trova in uno spazio ristretto con emeriti sconosciuti di cui non si conoscono gli antenati fino almeno alla terza generazione, vige la regola del “trattenere il fiato”. Non sia mai che si condivida la stessa anidride carbonica. Che poi veniamo giudicati dal nostro stesso alito. Sacrilegio!
Che scusa trovi per non uscire?
Ne ho un catalogo.
Si va da una certa trasmissione televisiva, alla temperatura esterna (o troppo fredda o troppo calda), al periodo mestruale.
Tutte hanno un unico denominatore: preferisco la comodità e (a volte) abbandonarmi alla pigrizia.
Scarpe, ciabatte o piedi scalzi?
Possibilmente calze, calzettoni, babbucce in lana cotta. D’estate, piedi nudi. Sempre grandi soddisfazioni mi da levare con foga le scarpe al rientro in casa. Per quanto le adori, la sensazione di libertà nei piedi è insostituibile.
Quale accessorio per la casa non compreresti mai?
Un tappetino per la cucina. Mi sembra inutile. O almeno, utile a parare qualche schizzo ma poi dovrei irrimediabilmente lavare il tappetino perché si sporcherebbe, in aggiunta, con pedate, polvere e varie amenità. Preferisco senza, e intervenite alla bisogna con una spugna sulle traiettorie deviate di gocce di sugo, acqua o le amenità di cui sopra.
Da quanto tempo non pulisci la cucina?
A fondo? Pochi giorni fa. Ripiani compresi? In effetti, è da un po’ che non lo faccio. Questa domanda mi fa sentire in colpa. Potrei decidere di rimediare più tardi.
Casa nel caos e arrivano ospiti inattesi. Che fai?
Mi conoscono, sanno che oscillo tra il presentabile e l’irrimediabilmente incasinato. Mi preoccupo solo di avere almeno una sedia libera e la moka sul fuoco.
La cucina è fatta solo per cucinare?
Per stare più al caldo d’inverno, per avere una postazione abbastanza ampia per il pc e altrettanto comoda per allungare semplicemente un braccio se si ha sente o fame mentre picchietti sui tasti. Per i sorrisi complici e i baci appassionati alla luce del lucernario. Per le piante grasse che credi possano stare bene, ma poi muoiono e capisci che non è così.
Cosa scriveresti sul citofono al posto del cognome?
In realtà non c’è il mio cognome sul citofono. C’è ancora quello del proprietario della casa che, ironia della sorte, è un colore. Anche il mio cognome è un colore. E si abbinano benissimo.