Intervista a Teresa Dattilo – Psicologa e psicoterapeuta, dal 2005 è presidente dell’Associazione Donna e politiche familiari che si occupa di lotta alla violenza domestica.
Qual è la prima cosa da fare in una situazione di maltrattamento, di violenza?
Normalmente le violenze di cui mi occupo avvengono all’interno delle relazioni intime; di coppia, relazioni familiari e in questi contesti è molto molto difficile capire e rendersi conto che qualcuno ci sta facendo del male perché è duro prendere consapevolezza che una persona che ci dovrebbe amare, che ci dovrebbe capire, ascoltare, accogliere, sostenere, incoraggiare, ci fa invece del male tutti i giorni.
Possiamo dire che è una specie di tabù rendersi conto che qualcuno che ti ama, ti sta invece facendo del male. Cosi come quando sei piccolo e tua madre ti fa del male, preferisci pensare che il cattivo sei tu. La stessa cosa succede all’interno di una relazione di coppia alla quale teniamo, per la quale abbiamo dato tutto.
A chi chiedere aiuto?
Consiglio di chiedere aiuto a chi si occupa nello specifico di queste tematiche, come le associazioni, gli sportelli di ascolto, perché non c’è un iter unico e valido per tutte, e a secondo della situazione, del contesto, della tipologia di violenza, le donne devono essere aiutate nel migliore dei modi possibili.
Che cos’è la spirale della violenza
Occorre fare un’importante premessa le relazioni violente si caratterizzano dal controllo e dall’isolamento. Le vittime vengono isolate dal mondo già in una primissima fase e successivamente sempre controllate. Il fenomeno viene descritto molto bene da Leonor Walker, una collega psicoterapeuta, che spiega la spirale della violenza come uno schema che si ripete sempre uguale; e ad ogni ciclo la violenza è sempre più forte. Sostanzialmente diciamo che nella fase iniziale di questo tipo di storie d’amore abbiamo una specie di innamoramento idilliaco all’interno della coppia; l’innamoramento è presente in tutte le coppie, ma a differenza di tutte le altre situazioni, questa fase dell’idillio qui però non è naturale, ma frutto di una manipolazione da parte di questa tipologia di uomo. Il suo obiettivo è attirare a sé la donna e quando poi si rende conto che ormai è in suo potere; inizia ad essere quello che realmente è: una personalità violenta.
Questa fase viene denominata “di tensione”: l’uomo violento è nervoso, gli dà fastidio tutto e scarica la sua aggressività sulla moglie (violenza psicologica). Lo fa in maniera intenzionale nel momento in cui sente di poterlo fare e quindi, spesso, le forme di violenza scattano quando la relazione è già instaurata. Successivamente a questa fase, avviene l’atto violento che può essere sia fisico che verbale. La donna si arrabbia, o si fa male o si rattrista e l’uomo si pente, chiede scusa, fa regali e ritorna quella posizione di partenza, ossia quella fase idilliaca, l’uomo si mostra come un principe azzurro; cavalca lo stereotipo dell’uomo ideale e la donna crede in quello che vede, con l’illusione che il pentimento sia reale e l’uomo possa veramente cambiare. Ma si ricomincia invece, con un altro ciclo della violenza che sarà più grave del precedente. Lo spiegano molto bene gli uomini violenti, ad ogni ciclo, per mantenere il controllo della compagna, si alza il tiro della violenza e tutto diventa più pericoloso. Quindi il pericolo per le donne è sempre maggiore ad ogni ciclo.
Violenza e senso di colpa sono legati?
Le donne che subiscono una violenza quotidiana, si convincono di meritare quello che gli sta accadendo, pensano di essere le uniche al mondo a vivere quel tipo di situazione. Questo perché sentono su di sé la responsabilità della buona riuscita del matrimonio, della famiglia, della convivenza. Veniamo educate con l’idea del sacrificio. Dobbiamo essere buone, brave, zitte e non disturbare, dobbiamo metterci al servizio degli altri e se ci comporteremo bene le cose andranno bene. Quindi se sono vittima di violenza, in qualche modo ne sono responsabile e me ne vergogno, così non ne parlo con nessuno perché la responsabilità di quello che sta accadendo è la mia
Ci racconti di un caso che segui?
Di recente sono stata molto colpita dalla storia di una donna molto giovane che in questo momento ha 35 anni. Lei è stata vittima di violenza domestica per circa due anni, una violenza fisica sconvolgente. Suo marito la picchiava per due tre giornidi seguito, la sfiniva dal punto di vista fisico fino a quasi farla svenire. Lei tollerava fino all’inverosimile; venendo da una famiglia in cui sua madre, e sua nonna erano a loro volta vittime dei mariti. Addirittura sua nonna ne faceva un punto di forza essersi sacrificata 40 anni accanto a un marito violento.Per lei questo modello di vita ha contribuito a farla rimanere nella relazione, a cercare di vedere se le cose si potessero aggiustare sacrificandosi.
È difficile chiedere aiuto alle forze dell’ordine?
È qualcosa di abnorme perché vuol dire tradire, pugnalare, far del male alla persona che si è amata, quindi si arriva a farlo dopo tanto tempo. Costa molto, moltissimo. Purtroppo abbiamo un sistema così complicato che a volte le denunce rimangono senza conseguenze. Le leggi ci sono però non riusciamo ad applicarle perché le forze dell’ordine sono sotto organico o perché non ci sono i mezzi. Quando parlo con i colleghi delle forze dell’ordine o dei servizi sociali, o comunque con i colleghi che lavorano nel pubblico, tutti hanno gravissime problematiche pratiche per fare applicare le leggi che abbiamo. Questo spiega il numero altissimo di donne uccise che avevano chiesto quasi tutte aiuto (si parla di un 80% )
Esistono gli uomini che subiscono violenza?
in questo momento ho in cura un ragazzo di 29 anni vittima di una compagna molto violenta. Le donne violente hanno le stesse caratteristiche degli uomini. Sono molto narcisiste e utilizzano la seduzione per manipolare, per avere potere. Anche la sessualità viene gestita in questo modo e quindi tengono gli uomini in pugno fino a quando anche loro non si rendono conto e chiedono aiuto. Anche loro si vergognano di quello subiscono e hanno difficoltà a chiedere aiuto, perché nel momento in cui siamo vittime, in qualche modo tutti ci sentiamo responsabili di quello che ci sta accadendo. Non ha senso, ma e’ cosi.
Ci racconti l’esperienza della linea telefonica per gli uomini maltrattanti?
Nel 2008 abbiamo lanciato un progetto sperimentale, una linea telefonica rivolta agli uomini, gli autori di violenza. Abbiamo tenuto questa linea telefonica attiva il più possibile per offrire a chiunque pensasse di non riuscire a gestire i rapporti in modo sereno un aiuto concreto. Alcune delle domande erano: Ti capita di far del male alle persone a cui vuoi bene? Ti capita di perdere il controllo, di non saper gestire la rabbia? È stato molto difficile far decollare il progetto e diffonderlo, ma dopo un pò le richieste di aiuto sono arrivate e continuano ad arrivare.